TEXAS, U.S.A. - Voci dal Braccio della Morte

          Ultimo aggiornamento: 25/01/2009
   

LETTERA DI KARLA FAYE TUCKER AL GOVERNATORE GEORGE BUSH PER LA RICHIESTA DI GRAZIA

Quello che segue è il testo della lettera scritta al Gov. George Busk dalla condannata per omicidio Karla Faye Tucker.

Onorevole Gov. Bush, Mr. Victor Rodriguez, e gli altri membri del Board of Pardon’s and Paroles, il mio nome è Karla Faye Tucker Brown. Sono una detenuta del braccio della morte dell’unità Mt. View per criminali femmine del carcere di Gatesville, Texas. Mi rivolgo a ognuno di voi ora per richiedere la commutazione della mia sentenza di morte nella prigione a vita. Non vi chiedo di considerare il mio sesso come fattore nella vostra decisione. Quando parliamo del crimine che ho commesso il sesso non ha posto come attenuante. Mi rivolgo a voi come persona, un individuo, chiedendo la commutazione della mia condanna a morte e condividendo con voi quello che spero userete nel prendere le vostre decisioni. Sappiate che non sto tentando in nessun modo di minimizzare la brutalità del mio crimine. Naturalmente è stato davvero orribile e veramente mi prendo la piena responsabilità di quanto è successo la notte del 13 giugno 1983. So che le scelte che feci, la droga e le altre cose, hanno portato alle azioni di quella notte. So anche che la giustizia e la legge domandano la mia vita per le due vite innocenti che ho brutalmente ucciso quella notte. Se la mia esecuzione è l’unica cosa, se è l’atto finale che può soddisfare la richiesta di restituzione e giustizia allora l’accetto. Non è che io non voglia che mi sia data un’altra possibilità. Lo vorrei. Ma realizzo pienamente l’impatto di quello che feci, e so quanto ho sottratto agli altri e quanto dolore e sofferenza ho inferto agli altri - un dolore e una sofferenza che non potranno mai andarsene. Per causa mia dovranno conviverci per il resto della loro vita. Pagherò il prezzo di ciò che ho fatto in ogni modo che la legge mi chiederà. Ma nelle nostre leggi so che esiste la commutazione della pena di morte, ed è per chiedere questa che mi rivolgo a voi. Io vorrei vivere e riuscire a continuare ad essere parte ora della soluzione dei problemi che abbiamo nel nostro mondo. 14 anni e mezzo fa ero parte del problema. Ora sono parte della soluzione. Mi rivolgo a voi basandomi su questo, come individuo, chiedendovi per favore di permettermi di continuare, migliorarmi e aiutare gli altri a non fare quello che feci io. Ora sto aiutando a salvare delle vite invece di prenderle e colpire gli altri.

Molto tempo fa provai a incolpare mia madre per la fine che avevo fatto. Provai a incolpare le droghe. Provai a incolpare la nostra società. Provai a incolpare chiunque tranne me. Non incolpo più nessuno ora per le mie azioni. So che arriviamo tutti all’età della responsabilità, quando dobbiamo assumerci la responsabilità delle nostre azioni, realizzando che tutto ciò che facciamo (TUTTO) ha effetto sugli altri intorno a noi. Ho sentito tanto spesso, e io stessa ho detto tanto spesso in passato, che se non faccio male a nessun altro allora non c’è problema. Per esempio, se qualcuno fumava uno spinello e io gli dicevo che era pericoloso. Potevano rispondermi che era la loro vita, e non stavano danneggiando nessun altro che loro stessi. Potevo dirgli che fumandosi uno spinello ferivano quelli che gli volevano bene e non volevano vederli assumere droghe. Se salissero su un auto e guidando avessero un incidente perché i loro riflessi sono rallentati da quello spinello, allora farebbero del male alle persone coinvolte nell’incidente, e probabilmente rischierebbero di uccidere qualcuno. Potrebbero poi dare la colpa alla canna che avevano fumato, ma la colpa sarebbe loro per avere scelto di fumare una canna. E questo è solo un piccolo esempio di come, in piccolo e in grande, ogni cosa che facciamo riguardi SEMPRE le vite degli altri intorno a noi. Le scelte che facciamo!

Ero solita incolpare mia madre perché è stata il mio modello e perché mi ha portata a essere quello che ero a un’età molto giovane. Tradì mio padre e rimase incinta di me. Quando scoprii questo la mia vita fu devastata. Non mi sentii mai di nessun altro se non di mia madre. E’ una lunga storia e non voglio dilungarmi su questo. Ma sfortunatamente questo distrusse la mia vita e io ero troppo piccola per essere in grado di spiegare ai miei genitori quanto fossi confusa, arrabbiata e ferita. La mia confusione e il mio doloro si manifestarono in molti modi. Spesso mi stupivo perché mia madre non riconobbe mai che quello che mi fece mi portò ad essere quello che divenni. Quando avevo 14 anni mi portò in un posto dove c’erano solo uomini e volle "istruirmi" nell’arte di essere una ragazza a richiesta. Volevo così tanto piacere a mia madre, volevo che lei fosse orgogliosa di me. Così invece di dire no provai a fare quello che mi chiedeva. Alla fine le dissi solo che non potevo stare con tutti quegli uomini perché non volevo fare della prostituzione. I suoi amici mi presero a 14 anni e mi "istruirono" nell’arte del sesso adulto, ad essere una "fuorilegge" della vecchia scuola, e con il loro distorto e perverso senso dei valori della strada mi dissero che questa era la cosa da fare per essere rispettati e notati "nel mondo in cui viviamo". Rimasi condizionata dal mondo in cui mia madre viveva e mi aveva portato quando avevo 13 anni ed ero più impressionabile. La cosa è che nel profondo di me sapevo che quello che stavo facendo era sbagliato. Poteva essere la norma per il gruppo in cui mi trovavo, ma non era la norma per le famiglie decenti e benestanti. Sapevo questo, riconoscevo la differenza. Eppure scelsi di seguire la strada di mia madre, di essere come lei in ogni modo, di accontentare lei e i suoi amici, di guadagnare il loro rispetto, l’ammirazione e di essere accettata. Potete essere sicuri che non ho più bisogno di quel tipo di rispetto e accettazione! Potete essere sicuri che nessuno mai più influenzerà ancora la mia vita in quel modo. Perché ora Dio regna nel mio cuore e LUI detta le mie convinzioni, gli ideali, e la morale, gli scrupoli e i valori. L’integrità di Dio e della Sua Legge ora guida la mia vita, le mie azioni, le mie scelte.

Non provo più ad addossare la colpa a mia madre, o alla società che non ha provato a raggiungermi e aiutarmi. Credo davvero che noi siamo gli aiuti per i nostri fratelli, e che quando vediamo qualcuno vagare perso e senza meta DOBBIAMO raggiungerlo e provare a fare una differenza positiva nella sua vita. Ma personalmente non incolpo la società per le mie scelte.

Non incolpo più neanche le droghe. Quando penso che ero totalmente fuori per le droghe quella notte che uccisi brutalmente due persone, sono consapevole di essere io ad aver scelto di drogarmi. Se non avessi scelto di drogarmi oggi due persone sarebbero ancora vive. Ma ho scelto di drogarmi, l’ho fatto, e due persone sono morte a causa mia.

Qualche settimana fa Mr. Victor Rodriguez del Parole Board, e Mr. Al Gonzales dell’ufficio del governatore sono venuti a intervistarmi. Mi sono stati chiesti i dettagli del mio crimine e se ero stata disponibile a dichiararmi colpevole al mio processo. Non lo feci. Mi arrestarono più di un mese dopo l’assassinio. Ero ancora pazza di droghe, non avevo concetto della mia vita e delle vite degli altri.

Quando venni arrestata e imprigionata continuai a mentire riguardo a cos’era successo. Negai tutto. Non fu che circa tre mesi dopo che ero stata rinchiusa che finalmente ammisi di aver ucciso Deborah Thornton e Jerry Dean. Era ottobre, tre mesi dopo il mio arresto quando un sacerdote venne alla prigione e io andai alla funzione, quella notte accettai Gesù nel mio cuore. Quando feci questo il pieno e pesantissimo macigno della realtà di quello che avevo fatto mi schiacciò. Capii per la prima volta quella notte cosa avevo davvero fatto. Cominciai a piangere quella notte, per la prima volta da molti anni, e da quel giorno le lacrime sono parte della mia vita.

Ho messo da parte l’orgoglio per piangere e sentire le emozioni che una volta tentavo così tanto di bloccare. Quando penso ai particolari del mio crimine adesso sento il dolore che inflissi ad altri. Sento la profondità del peccato, il demone e la violenza che c’erano dentro. Ho capito che la vita umana è preziosa e inestimabile e io sono andata fuori e con le mie mani ho preso due vite.

Quando Mr. Rodiquez e Mr. Gonzales mi chiesero i particolari del mio crimine, ho diviso con loro la verità di quello che accadde quella notte. Se non mi sono soffermata su qualcosa non è stato per nasconderlo, ma perché per me tornare indietro nell’incubo più orribile della mia vita non è così facile.

Anche se quando ucciso Jerry Dean e Deborah Thornton quella notte non pensai a niente, ora è la cosa che rimpiango di più della mia vita, e nel profondo di me stessa è ora qualcosa che mi fa torcere lo stomaco ogni volta che ci penso. Sento il dolore di quella notte, sento dolore ogni giorno in mezzo agli altri per quello che feci quella notte. Conosco il demonio che era dentro di me allora, e so che quello che successe fu così orribile che solo un mostro poteva averlo fatto. Non è facile dover parlare della parte di me che commise quello. Non è la persona che sono oggi, e proprio il fatto di essere ora diversa mi rende più duro dover tornare indietro a quella notte, e dopo quella notte alle altre cose che feci finchè non venni salvata. Così non parlai di tutti quei particolari orribili con Mr. Rodriquez e Mr. Gonzales perché non ce l’ho fatta a riviverli tutti nel modo che avrebbero voluto loro.

Vi dirò questo, che se non fosse stato per me che presi quel piccone, so che sicuramente Deborah sarebbe ancora viva ora. Non so se Jerry sarebbe ancora vivo o no. Ma certo c’è una probabilità che lo sarebbe. Non avevo progettato quella particolare notte che sarei andata in quell’appartamento ad ammazzare qualcuno. Ma non è questo il punto. Il fatto è che ci andammo, noi andammo in quell’appartamento, uccidemmo brutalmente due preziose persone, e ce ne andammo, e ci vantammo di quello che avevamo fatto per il mese che seguì. Non ho mai mentito per ciò che riguarda il mio coinvolgimento quella notte, o le notti e le settimane precedenti.

Anche se la verità può sembrare una menzogna, non cambierò la verità solo per salvare la mia vita. Dissi la verità al mio processo. Dissi la verità al processo di Danny Garrett perché lui non voleva, e non importa se adesso sembra che io stia mentendo, sto dicendo la verità e mi sto prendendo la piena responsabilità di quello che feci. Anche se ero drogata, scelsi di prendere la droga che mi sballò, sapendo bene che la droga spinge la gente a fare pazzie. Sapevo cosa stavo rischiando drogandomi.

Vi ho detto che non avevo progettato di entrare in quell’appartamento quella notte, so che quando Danny mi disse di aprire quella porta avevo una scelta da fare. Avrei potuto dire no. Ma scelsi di aprire quella porta e di seguirlo in quell’appartamento. So che ogni scelta che facciamo nella nostra vita porta a un atto che può colpire gli altri e noi stessi, o aiutare gli altri o noi stessi.

Le mie scelte fecero sì che due vite se ne andassero da questo mondo. Mi ricordo che al processo dissi che Jerry mi aveva resa pazza perché lasciava cadere l’olio della sua moto sul mio tappeto. E dissi quanto lo odiavo perché aveva stracciato la foto di mia madre. Non diedi mai a Jerry una chance. Ero piena di rancore dentro che avevo sempre soffocato, come fanno ancora così tante persone nella nostra società. Ma per favore crediate che so perfettamente che lasciare cadere l’olio sul tappeto o stracciare la foto della madre non sono ragioni sufficienti per odiare una persona o per covare rancore. Non fu quello che Jerry mi aveva fatto. Fu la mia incapacità di rapportarmi con ogni cosa in modo normale, razionale, civile, umano.

Jerry non meritava il mio odio, e ne’ Jerry ne’ Deborah meritavano di essere brutalmente uccisi quella notte, o qualsiasi notte. Nessuno merita di essere ucciso! Così vi prego di credere che mi prendo la piena responsabilità delle mie azioni di quella notte e di tutte le altre prima o dopo.

Quando rivolsi il mio cuore a Gesù e mi pentii di quello che avevo fatto, quella notte e tutta la mia vita da quando avevo potuto distinguere il bene dal male, tutta la mia visione della vita cambiò radicalmente. Non fui influenzata da nessuna pressione o bisogno di essere accettata.

Al mio processo non mi dichiarai degna della pena capitale. Se dovessi tornare indietro non mi comporterei nello stesso modo. Ma ora ho dei principi di vita. Ero cristiana da poco, da pochi mesi nel Signore.

Non conoscevo il nostro sistema legale. I miei avvocati mi avevano detto di non dichiararmi colpevole e mi fidavo della loro esperienza legale. Loro sapevano che avevo uccis Jerry e Deborah. Non gli avevo mentito su questo.

Sapendo che non avevo progettato di uccidere Jerry e Deborah quella notte credo che i miei avvocati non ritenessero in buona fede che io meritassi la condanna a morte. Certamente ero colpevole di omicidio. Si tratta di procedure legali e ne ho parlato solo per spiegare che a quell’epoca seguii il consiglio degli avvocati perché pensavo che sapessero cosa facevano. Non sapevo cosa stava succedendo, non mi era mai capitato niente di simile prima. Ma ora sono differente, matura nella mia fede, e forte nelle mie convinzioni. Non mi dichiarerei non colpevole perché lo sono, sono colpevole. Molto colpevole. Questa è una delle differenze che 14 anni di crescita nella fede hanno portato in me. Le cose sono molto chiare per me ora.

Ora ho la cognizione di colpevolezza. So che certe azioni portano a cattive cose, e altre a buone cose, e che noi facciamo delle scelte. So che assumere droghe che alterano la mente porta una persona a perdere le sue inibizioni e a giungere a delle cose che normalmente non farebbero mai - come uccidere due persone.

Durante il mio processo, quando il pubblico ministero parlò di futuri atti di violenza, disse che "anche uno schiaffo in faccia" costituisce violenza. Posso dirvi che, libera dalle droghe, e con Gesù nel mio cuore, anche uno schiaffo è qualcosa che non ho mai più dato!

La mia vita fuori di qui fu di violenza. Un’occhiata sbagliata bastava a farmi andare fuori di me. Da quando ho conosciuto il Signore niente è più riuscito a farmi andare fuori, ne’ in questi 14 anni, ne’ adesso! Questo posto ciò che potrebbe essere chiamato una pentola a pressione. Vivi sotto circostanze e regole severe, con differenti personalità e idee. L’umore e le attitudini di così tante persone diverse qui possono veramente far perdere a una persona la pazienza e i suoi propositi.

Se fossi ancora in grado di comportarmi con violenza o rabbia di sicuro qui ne avrei avuto l’occasione! Ma in 14 anni non l’ho fatto, e non farò mai più un gesto di violenza. Non posso provarvelo, ma prego il Signore perché spinga i vostri cuori a credermi.

Se decidete che dovrete portare avanti questa esecuzione, fatelo basandovi solo sulla brutalità del mio crimine. Ma per favore non basatevi su di me come rischio futuro per la società (una delle due domande poste al processo per decidere se dare la condanna a morte), perché sicuramente io non sono più una minaccia per la società, e infatti credo di poter contribuire positivamente alla nostra società come aiuto per gli altri.

Ci sono cose che ho fatto in questi anni che provano, certamente a quelli che mi conoscono, che non sono più la stessa persona che ero 14 anni e mezzo fa, e che ora posso e aiuto il prossimo anziché colpirlo.

Quando credetti in Gesù desideravo imparare, tornare a scuola. Lo feci. Studiai. Volevo raggiungere e aiutare le mie vittime, risarcirle in qualunque modo mi avessero chiesto.

Quando Peggy Kurtz mi contattò nel 1984 e mi disse che mi aveva perdonato per ciò che avevo fatto a suo fratello, questo cambiò la mia vita drasticamente e mi rese tanto più solida nel mio cammino verso il Signore. A un certo punto lei mi chiese di parlare con lei di alcune cose che erano successe quella notte. Era il minimo che potessi fare per lei, e volli farlo, per aiutarla in qualche modo.

Le risposi in tutta sincerità ad ogni domanda che mi fece. Per anni Peggy e io non parlammo a nessuno dei nostri contatti. Ma quando lo facemmo, fu perché, e solo perché lei lo voleva e chiedeva solo che fossimo sicure di farlo per glorificare il Signore e non noi stesse. Ho fatto per anni questo per Peggy perché era questo quello che mi chiedeva. Farei qualsiasi cosa che lei mi chiedesse....

Volli anche provare a mandare dei soldi a uno dei familiari delle vittime (erano per il figlio di Deborah, per i suoi studi). So che i soldi non possono in ogni modo risarcire le vite che presi. Ma ho provato a farlo perché era quello che potevo fare per compensare quello che feci.

Quando Ron Carlson venne da me nel 1992, e mi disse che mi aveva perdonato per quello che avevo fatto a sua sorella, gli feci sapere che stavo cercando di mandare dei soldi a suo nipote. Mi disse di non farlo, perché suo nipote si drogava e poteva solo usare i soldi per comprarsi la roba, e mandargli dei soldi poteva solo fargli del male. Mi disse anche che suo nipote non avrebbe accettato comunque soldi da me perché non voleva avere niente a che fare con me.

Comprendo il dolore e non insistetti. Rispettai i desideri di Ron e i suoi avvisi e non spedii i soldi. Non seppi niente degli altri membri della famiglia fino a qualche settimana fa. Anche adesso vorrei poter aver fatto qualche tipo di ammenda per loro. Lo farò adesso, se loro me lo permetteranno.

Ho cercato di comportarmi bene in questi ultimi 14 anni, non perché ero in prigione ma perché il mio Signore vuole questo da me. Conosco il bene e il male e devo fare il bene.

Nel processo al mio ex-partner, lui mentì su tutto e disse che non era là. Io testimoniai e dissi la verità perchà la verità doveva essere detta. Ero già stata condannata a morte e non stavo tentando di farmela annullare.

Da quando sono qui (a Mountain View) ho vissuto rispettando le regole e le autorita’. Quando vedo che accadono cose sbagliate, dico la verita’ senza paura di quello che gli altri (comprese le altre detenute) penseranno, faranno o diranno di me. Non mi interessa se vengo etichettata come spia dalle altre qui perche’ appoggio quello che e’ giusto e parlo contro cio’ che e’ sbagliato.

Non sono stata perfetta per tutti questi anni, ma non credo che qualcuno sia perfetto; una volta ho ricevuto una nota scritta per aver lasciato che un’altra detenuta portasse la mia posta alla cassetta delle lettere. So di avere trasgredito le regole. Ma non credo di essere per questo una persona orribile. Mi sentii estremamente male e me ne pentii, chiedendo scusa non solo al Signore ma a tutti. Perche’ dico a tutti in ogni momento che si puo’ vivere bene qui, senza procurarsi dei guai. Dico loro che qui ci sono delle regole da seguire, come ce ne sono fuori nel mondo. Qui siamo sottoposti a delle autorita’ alle quali obbedire proprio come succede fuori. E se non possiamo farlo bene qui non saremo mai capaci a farlo fuori di qui!

Cosi’ mi pentii veramente per avere trasgredito le regole. Prima di tutto perche’ avevo sbagliato. Poi perche’ ero stata un cattivo esempio per gli altri. Avrei chiesto scusa anche se non fossi stata scoperta! E vorrei averlo detto - perche' quando faccio qualcosa di sbagliato ora per il Signore sono colpevole immediatamente e questo mi impedisce di conviverci. Cosi’ pentirsi non e’ abbastanza. Dobbiamo confessare i nostri errori e poi allontanarcene! Credetemi, io seguo le regole non perche’ mi trovo in questa struttura ma perche’ vivere secondo delle regole e’ il modo giusto di vivere. E’ una parte dell’essere esseri umani responsabili. E’ una parte dell’essere un buon esempio per gli altri. E noi SIAMO aiuti per i nostri fratelli.

Non mi sento piu’ associata con le persone che portano avanti il tipo di vita che vivevo un tempo anch’io. Posso e tento di assisterli e cerco di aiutarli a vedere che esiste un modo migliore. Ma non creo il mio circolo di amici con persone che deliberatamente stanno vivendo contro le regole e gli standards morali della nostra societa’, di questa istituzione, o di altro. Scelgo con cura i miei amici, e lascio che il Signore scelga coloro da aiutare.

Non so davvero su cosa si basera’ ciascuno di voi per decidere se commutare la mia sentenza di morte in vita. Sento che se io qui fossi ancora nelle condizioni mentali nelle quali ero quando mi arrestarono, se mi agitassi, o combattessi, o picchiassi gli altri e non cercassi di comportarmi bene, sono sicura che voi considerereste tutto questo contro di me, e sarebbe un fattore aggravante nella vostra decisione contro la commutazione della mia sentenza. Cosi’ veramente non capisco perche’ voi non possiate, o vogliate, considerare il mio cambiamento come attenuante in mio favore.

Se commutate la pena a qualcuno, su cosa vi basate? Veramente non capisco le linee guida per la commutazione delle sentenze di morte, ma posso promettervi questo: se commutate la mia sentenza in vita continuero’ per il resto della mia vita su questa terra ad andare verso gli altri cercando di fare la differenza positiva nelle loro vite.

Infatti e’ quello che faccio ora, attraverso alcuni programmi nei quali sono coinvolta, come il programma T.D.C.J.I.D., che e’ come il programma Scared Straight degli altri stati, ho fatto dei video e scritto lettere per raggiungere i giovani e la gente. Lo faccio da quando mi fu chiesto di diventare parte della soluzione nella nostra societa’. Se mi sara’ permesso di vivere potro’ essere in grado di portare avanti una forma di restituzione infinita alle mie vittime e alla nostra societa’.

Vedo la gente in prigione dove sono che e’ qui per crimini orribili, e per altri meno pesanti, che ancora adesso si comportano con violenza e picchiano le altre, senza il concetto della vita altrui o della loro stessa. Posso raggiungere queste ragazze e tentare di aiutarle a cambiare prima che escano da questo posto e colpiscano qualcun altro.

So per esperienza che la gente tende ad ascoltare piu’ facilmente qualcuno che e’ stato dove sono loro che qualcuno che sentono che non puo’ capire loro o quello che stanno attraversando. Ci sono persone che posso raggiungere a cui gli assistenti anti-droga non possono arrivare. Cosi’ come ci sono persone che io non sono in grado di raggiungere, ma voi del consiglio potete.

Vi sto chiedendo di commutare la mia sentenza e permettermi di pagare il mio debito con la societa’ aiutando gli altri e aiutando a prevenire crimini e suicidi. Non posso far tornare indietro le vite che presi. Ma posso, se mi sara’ permesso, aiutare ora a salvare altre vite. Questa e’ la sola restituzione reale che io possa fare, e sono pronta a farla in ogni modo che qualcuno mi possa chiedere.

Se voi credete che uccidermi sia la sola risposta e la sola soluzione, allora lo accettero’. Ma se c’e’ una minima possibilita’ che crediate che io possa attualmente aiutare gli altri a non fare quello che feci io, lasciandomi condividere Gesu’ con loro e condividendo quello che feci e quello che causarono le mie scelte, allora vi chiedo per favore di commutare la mia sentenza in vita e darmi una possibilita’ di aiutarvi a fare una differenza nella nostra societa’.

So che quello che sto facendo e’ almeno in piccola parte un aiuto per tagliare il tasso di recidivismo, e fare una differenza positiva nelle vite. Io non diedi alle mie vittime la chance di fare quello che sto chiedendo a voi di fare per me. Potrei non meritare un’altra chance. Potrei non meritare di essere una parte della soluzione nella nostra societa’ per quello che feci a Deborah e Jerry.

Ho fatto un’orribile, orribile errore, e lo paghero’ per tutto il resto della mia vita, perche’ dovro’ sempre convivere con quello che ho fatto. Ma vi chiedo comunque di permettermi di continuare la missione che il Signore mi ha indicato nell’assistenza del mio prossimo. E’ un onore essere in grado di farlo, ed e’ anche una grande responsabilita’ che prendo molto sul serio. Lo faccio perche’ conosco quello che mi venne donato 14 anni fa quando non lo meritavo. So che questo cambio’ la mia vita cosi’ completamente che per me e’ difficile riconoscermi nelle vecchie foto. So che se questo tipo di amore e perdono ebbe il potere di trasformare in quel modo la mia vita in meglio, puo’ succedere anche ad altri.

Non significa dimenticare le circostanze o cercare attenuanti per quello che feci. Significa solo che una persona puo’ cambiare e anziche’ ferire gli altri riversare sugli altri un’abbondanza dell’amore che sente nel cuore.

Voglio chiudere con alcuni versi da un salmo (del Vecchio Testamento) della Bibbia.

"Pieta’ di me, o Dio, secondo la tua misericordia. Nella tua grande bonta’ cancella il mio peccato. Lavami da tutte le mie colpe, purificami dal mio peccato. Riconosco la mia colpa, il mio peccato mi e’ sempre dinanzi. Contro di te, contro te solo ho peccato, quello che e’ male ai tuoi occhi, l’ho fatto. Ecco, nella colpa sono stato generato, nel peccato mi ha concepito mia madre. Ma tu vuoi la sincerita’ del cuore e nell’intimo mi insegni la sapienza. Purificami con issopo e saro’ mondato; lavami e saro’ piu’ bianco della neve. Fammi sentire gioia e letizia, esulteranno le ossa che hai spezzato. Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo. Non respingermi dalla tua presenza e non privarmi del tuo santo spirito. Rendimi la gioia di essere salvato, sostieni in me un animo generoso. Insegnero’ agli erranti le tue vie, e i peccatori a te ritorneranno. Liberami dal sangue, Dio, Dio mia salvezza, la mia lingua esaltera’ la tua giustizia. Signore, apri le mie labbra e la mia bocca proclami la tua lode; poiche’ non gradisci il sacrificio e, se offro olocausti, non li accetti. Uno spirito contrito e’ sacrificio a Dio, un cuore affranto e umiliato, Dio, tu non disprezzi." (Salmo 51).

La preghiera di pentimento di Re Davide rimane come testimonianza bagnata di lacrime della sua sofferenza davanti a Dio e come monito per tutti gli altri che peccano. Il suo pentimento non deriva dalla paura di una punizione o dalla speranza di un futuro successo. Egli chiede perdono per avere offeso Dio stesso, la Sua Persona e la Sua Natura. Dio manda il profeta Nathan da lui per fargli confessare il suo peccato, ma al suo cospetto il Re Davide chiede perdono.

Davide pianse, non solo per il perdono, ma per la purezza; non solo per l’assoluzione, ma per l’approvazione; non solo per il confortoo, ma per una completa purificazione - a qualunque costo. Il suo cuore e’ schiantato dalla vergogna e dal pentimento del suo peccato, conosce la grande bonta’ della misericordia divina. Guardate come, una volta confessato il suo peccato, perdonato, purificato, Davide chiede di ricevere i doni divini: gioia, ristoro, presenza di Dio, il suo Spirito. Poi si offre come strumento per mostrare la gloria di Dio e per insegnare ad altri trasgressori. Questo salmo evidenzia che Dio accetta questa offerta, anche solo per il fatto che si trova nella nostra Bibbia.

Il mio cambiamento, la mia trasformazione e riabilitazione non ha lo scopo di manipolare niente e nessuno. Il mio cambiamento mi porta a vivere ogni giorno per il Signore e per aiutare il mio prossimo. Ho una vita gradevole, anche in questa prigione, perche’ e’ nel piu’ profondo di me stessa, dove abita il Signore. Prego questo, che questo cambiamento faccia una differenza nella vostra decisione, cosi’ come credo che una non-trasformazione sarebbe stata considerata severamente contro di me.

Questo, come Re Davide quando prega il Signore, chiedo a voi, Onorevole Governatore Bush e membri del Parole Board, per favore commutate la mia sentenza e permettetemi di andare avanti con mio marito nel ministero dell’amore e della riabilitazione nelle vite del prossimo.

Permettetemi, attraverso questo cambiamento, di aiutare gli altri a fare scelte migliori e a cambiare in meglio. Sono sinceramente addolorata per quello che feci. Non colpiro’ mai piu’ una persona nella mia vita, nemmeno per tentare di proteggere me stessa. Prego che il Signore vi aiuti a credere a tutto quello che ho condiviso con voi e vi aiuti a decidere di commutare la mia sentenza nella prigione a vita.

Sinceramente, Karla Faye Tucker Death Row n. 777

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